Rezzago
Rezzago è un piccolo borgo della Vallassina con case antiche di pietra, a volte riportate da mani sapienti all’antico splendore, a volte semplicemente cariche, quasi esauste dalla pesantezza della patina di storia che grava sulle facciate in pietra ed intonaco grezzo, di un grigio quasi giallo, perché fatto con la pietra locale, e non con le moderne malte industriali. In qualche angolo occhieggia una nicchia, una cappella, compaiono i colori di un affresco medievale, dipinto da mani d’artista di paese. Sono case modeste, che raccontano della dura vita di contadini di montagna, dei fuochi la sera d’inverno, accesi nelle antiche stalle con la volta di pietra, cuore sotterraneo e pulsante, caldo di vita e di affetti autentici. E, come attorno ad un cuore più grande, le piccole case di pietra sono strette le une alle altre, divise solo da viuzze strette e contorte, attorno alla Chiesa Parrocchiale, voluta dai rezzaghesi nel 1654, con il beneplacito del Cardinal Federigo Borromeo, venuto in visita pastorale a Rezzago, che suggerì di intitolarla a Santa Maria Nascente a richiamo del Duomo di Milano, e costata lunghi anni di lavoro ed enormi sacrifici, che la resero sempre più cara al cuore dei rezzaghesi. Ma Santa Maria Nascente andò a sostituirsi, come chiesa parrocchiale, a quella ben più antica e ricca di storia dei SS. Cosma e Damiano, costruita nel XII secolo sulle fondamenta di una chiesa paleocristiana qui esistente; costruita fuori dall’abitato, si dice per salvaguardarlo dalle frequenti invasioni barbariche, circondata dal cimitero ed orientata ad oriente, come si usava allora. Si dice che nella costruzione siano intervenuti i Maestri Comacini, precursori del romanico “lombardo”, caratterizzato da mura massicce e volte pesanti che davano alle costruzioni una particolare atmosfera mistica, così come avviene nella nostra chiesina di montagna: legname, pietre squadrate, piccole aperture, un campanile elegante nella sua essenzialità, con cinque ordini di finestre, il primo formato da piccole feritoie, una per facciata, i successivi da bifore che pur avendo la stessa larghezza di apertura, vanno gradualmente aumentando in altezza, dal basso verso l’alto, per alleggerire la struttura in senso ascensionale. La leggenda narra che, durante le invasioni barbariche, grazie alla sua posizione strategica al centro della valle, il campanile di S. Cosma fosse punto di partenza di segnali luminosi, trasmessi alle altre torri di Asso, S. Alessandro di Lasnigo, Orsenigo, Barni e S. Calogero di Caslino. L’interno si è conservato miracolosamente intatto, grazie a due strati di calce, dati per disinfettare i muri e l’aria dopo una delle frequenti epidemie di peste o colera, che hanno coperto per secoli, come uno scrigno, i bellissimi affreschi di Andrea De’ Passeris, (XV secolo) i cui colori vividi e brillanti, sono stati riportati alla luce dal restauro conclusosi nel 1985. La scelta della dedica ai Santi Cosma e Damiano è tutta nella mentalità dell’alto medioevo, che ama modelli di fede, carità e fortezza cristiane, come questi due fratelli siriani, medici, che esercitavano la loro arte “cacciando tutte le infirmitadi non solamente da gli uomini, ma eziandio da bestie, facendo tutto in dono”.
Fonte: wikipedia